24 Mar Italcementi e la vessazione degli azionisti risparmio
L’arretratezza del sistema finanziario italiano si misura anche nella consuetudine di “depredare” i piccoli azionisti.
L’ultima in ordine di tempo la conversione obbligatoria delle azioni risparmio in ordinarie messa in cantiere da Italcementi, la società controllata da una famiglia storica del tessuto industriale italiano: i Pesenti.
Tale conversione, che sottolineiamo è obbligatoria, avverrà con un rapporto di conversione pari a 0,65 azioni ordinarie per ciascuna azione risparmio posseduta.
Peccato che secondo lo Statuto della Italcementi sia le azioni ordinarie che le risparmio, a cui notoriamente non è attribuito diritto di voto, possiedono un valore nominale di 1 euro ciascuna; naturalmente il valore di borsa è differente e le risparmio presentano uno sconto derivante dal mancato diritto di voto.
In pratica il capitale di Italcementi è composto da 177 milioni di azioni ordinarie e da 105 milioni di azioni risparmio e quest’ultime hanno svolto un’utile funzione di finanziamento della società senza perdita del potere di controllo da parte della famiglia Pesenti.
Infatti la famiglia Pesenti, attraverso Italmobiliare, controlla il 60% delle azioni ordinarie (circa 106,7 milioni di azioni); ma se rapportassimo il numero di queste azioni all’intero capitale sociale di 282,5 milioni di azioni potremmo constatare che la quota della famiglia Pesenti è del 37,8%.
Al termine dell’operazione di concambio con un rapporto di 0,65 la famiglia Pesenti si troverà con il 43,4% delle azioni circolanti.
In pratica gli azionisti risparmio hanno finanziato l’azienda né più né meno degli azionisti ordinari, sacrificando non poco visto che negli ultimi 5 esercizi (2009-2013), 4 anni su 5, hanno ricevuto il medesimo dividendo delle ordinarie, sebbene le risparmio dovrebbero remunerare fino al 3% in più del valore nominale rispetto alle ordinarie.
A tal proposito il recente apprezzamento delle quotazioni borsistiche di azioni ordinarie e risparmio è irrilevante, visto che Italcementi sta solo ora emergendo da un lungo periodo di crisi, che in alcuni momenti ha messo in forse la stessa sua operatività nel sistema produttivo italiano.
Appurato che le azioni risparmio hanno titolo a una medesima porzione del capitale sociale rispetto alle ordinarie (1 euro nominale), il rapporto di conversione è stato definito in 0,65 anche grazie a una relazione predisposta dallo studio di analisi indipendente del Prof. Angelo Provasoli che ha esaminato una serie di fattori come ad esempio lo sconto di quotazione medio alla Borsa di Milano fra le due tipologie di azioni senza entrare nel “merito dei profili giuridici, procedurali, di mercato o d’altro tipo”.
Questo sconto sarebbe stato piuttosto stabile nell’ultimo semestre, tra il 46 e il 47%; in tal senso quindi un rapporto di conversione a 0,65 implicherebbe uno sconto del 35% e quindi sarebbe migliorativo. Ciò sarebbe giustificato dallo sconto medio di un campione di 7 azioni risparmio quotate a Piazza Affari pari al 36%.
Un ulteriore parametro di raffronto dello studio del Prof. Provasoli, sarebbero le modalità di conversione dal 2000 ad oggi di 17 azioni risparmio, che per 10 di queste sono avvenute alla pari; delle 17 conversioni inoltre 12 erano obbligatorie, mentre 5 su base volontaria.
L’aspetto di cui però viene omessa l’evidenza è che le 10 conversioni avvenute alla pari (9 in realtà essendovi stato per una di queste un conguaglio) erano proprio fra quelle obbligatorie. In pratica, quando la conversione è di natura obbligatoria il rapporto di conversione dovrebbe essere alla pari; nulla da eccepire se il rapporto fosse inferiore, ma a fronte di una conversione volontaria.
Il fatto che la conversione obbligatoria di azioni risparmio e ordinarie del medesimo valore nominale non avvenga alla pari ravvisa un atteggiamento estremamente arrogante da parte della proprietà e lesivo dei normali principi di correttezza nelle relazioni di partecipazione al capitale sociale. Infatti ciò che muta in questa operazione sono tutti i parametri di valutazione fondamentale dell’investimento dato che a parità di capitale sociale verranno modificate il numero di azioni circolanti.
Come si può ben comprendere la vicenda è tutt’altro che di lana caprina e impatta direttamente sulla revisione dell’investimento nel suo complesso e se questa azienda, con questo tipo di proprietà conservi ancora le motivazioni iniziali per il mantenimento in portafoglio.
E la proprietà è ben cosciente di aver formulato una proposta “indecente” dato che sembrerebbero esserci anche una serie di coincidenze da “gossip” finanziario.
In primis un qualche conflitto di interesse tra Italcementi e lo studio di analisi indipendente, a conferma di ciò sarebbe sufficiente scorrere i risultati di un motore di ricerca inserendo i cognomi Pesenti e Provasoli.
Inoltre sembrerebbe da indiscrezioni che alcuni azionisti Italcementi risparmio stiano ricevendo telefonate o comunicazioni per delegare Proxitalia srl all’assemblea speciale del 7 aprile dove verrà messa ai voti la conversione delle azioni risparmio; da quanto risulta nel sito Italcementi, Proxitalia si sarebbe già espressa a favore di tale operazione.
La Mazziero Research, che svolge il servizio di consulenza in ABS Consulting SCF di Massa, è disponibile per ogni ulteriore informazione.
A titolo di ulteriore documentazione si riporta l’articolo pubblicato da Affari&Finanza, l’inserto economico di La Repubblica, lunedì 7 aprile 2014.
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