04 Feb Operazione “Gold zurück in die Heimat”
Riprendiamo di seguito per chi non avesse avuto l’opportunità di leggerlo l’articolo della Mazziero Research pubblicato il 25 gennaio dal sito ITForum.
Operazione “Gold zurück in die Heimat” così potrebbe essere chiamata la decisione della Bundesbank di ricondurre parte dell’oro all’interno dei propri confini. Non si tratta di una decisione improvvisa, ma della diretta conseguenza di una controversia tra Fed e Buba.
Ben 1.536 tonnellate delle riserve aurifere tedesche, poco meno della metà, sono custodite nel quinto piano sotterraneo del palazzo della Fed in Lyberty Street a New York, 25 metri sotto il piano stradale e 15 metri sotto il livello del mare.
La Fed è sempre stata molto restia a far accedere persone nei propri caveau, anche quando queste ne hanno pieno titolo; a Fort Knox ad esempio pare che nessuno da diversi decenni sia stato autorizzato all’accesso. Dopo molte richieste, nel 2007 la Bundesbank ebbe il permesso di accedere, ma non gli fu permesso di andare oltre la soglia dei corridoi delle stanze blindate. Nel 2011 la Bundesbank ottenne un secondo permesso e riuscì ad accedere a una delle nove camere di sicurezza, pesando anche alcuni lingotti presi a campione. (Fonte: Der Spiegel)
Questo tipo di ispezioni viene ritenuto dai tedeschi del tutto insufficiente per portare a termine un’accurata certificazione del proprio oro detenuto presso la Fed e questo elemento ha innescato un dibattito politico in casa CSU e FDP per proporre il rimpatrio di tutto l’oro detenuto al di fuori dei confini.
Da qui la definitiva decisione di riportare in patria il 50% dell’oro detenuto all’estero, trasferendo entro i prossimi 8 anni 300 tonnellate del metallo prezioso da New York a Francoforte, a cui si aggiungeranno le 374 tonnellate detenute a Parigi; nessuna variazione invece dovrebbe riguardare le 445 tonnellate di oro presenti a Londra, che erano già state interessate da un rimpatrio tra il 2000 e il 2001 di 974 tonnellate di fronte al rincaro del costo di deposito richiesto dalla Bank of England.
L’operazione di rimpatrio dell’oro risulterà abbastanza complessa e costosa; mentre il trasporto da Parigi potrà svolgersi agevolmente con autotreni, il trasferimento da New York comporterà almeno 60 voli da circa 5 tonnellate ciascuno, per mitigare il rischio. Il costo dell’intera operazione potrebbe aggirarsi tra i 5 e i 10 milioni di dollari.
Entro il 2020 le 3.395,5 tonnellate di oro tedesco, acquistato tutto dopo la fine della seconda guerra mondiale, sarà custodito per il 50% nei forzieri della Bundesbank, per il 37% a New York e per il 13% a Londra; a Parigi dove attualmente risiede circa l’11% non resteranno più riserve tedesche. Il prelievo dell’oro custodito in Francia è stato motivato con il fatto che trattandosi di un paese appartenente alla medesima area valutaria appare di fatto inutile la giacenza di oro che normalmente funge da collaterale per le transazioni commerciali.
La decisione di Francoforte di rimpatrio, seppur parziale, del proprio oro si aggiunge a quelle di Venezuela, Iran e Libia ed è plausibile domandarsi se assisteremo a ulteriori simili decisioni da parte di altri paesi, specialmente se il debito pubblico americano dovesse continuare ad aumentare. Non è escluso, inoltre, che in futuro potranno sorgere dubbi sulla reale presenza dell’oro sul suolo americano.
Infine, se l’oro fosse veramente in bolla o destinato a un lungo trend di ribasso perché mai le banche centrali, che sono fra gli operatori più informati del mercato, dovrebbero darsi pena per rimpatriare il proprio metallo prezioso? Non sarebbe più semplice venderlo senza far troppo rumore?
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