Inflazione sotto l’1%: chi vince & chi perde

Inflazione sotto l’1%: chi vince & chi perde

L’ultima rilevazione Istat sui prezzi al consumo di novembre (stima provvisoria) ha visto scendere la variazione annuale del paniere NIC al di sotto dell’1%.

Il forte crollo che si evidenzia nel grafico tra settembre (5,3%) e ottobre (1,7%) è stato determinato dall’uscita dal conteggio della variazione mensile del mese di ottobre 2022, quando in un solo mese si era registrato un aumento del 3,4%.

Da qui in avanti cosa succederà?
Dovremmo assistere ad ulteriori cali, con qualche rimbalzo probabile nei mesi di gennaio, marzo e giugno. (Tali ipotesi si basano su un fattore tecnico osservando i valori già molto ridotti segnati in quei mesi nel 2023; ciò renderebbe più difficile la possibilità di scendere ulteriormente).

Una buona notizia per le famiglie
Pur considerando che un’inflazione che scende non significa che stanno scendendo i prezzi, ma che la velocità con cui stanno aumentando è più bassa, siamo di fronte a una buona notizia per le famiglie.
Ciò significa che l’erosione del potere di acquisto sta rallentando e quindi gradualmente dovremmo essere diretti verso una stabilizzazione dei prezzi.
Resta il forte problema che la maggior parte dei salari sono rimasti fermi durante tutto il forte ciclo di incremento dei prezzi: da gennaio 2022 a novembre 2023 l’indice dei prezzi al consumo NIC è cresciuto del 10,4%. Ciò significa che le famiglie possono acquistare il 10% in meno di beni, sino a che i salari non verranno adeguati. Una specie di tassazione occulta che non beneficia nemmeno lo Stato.

Una cattiva notizia per lo Stato
Sebbene anche lo Stato, quando acquista beni o servizi, si trovi nelle stesse condizioni del consumatore traendone beneficio, un ribasso dell’inflazione penalizza il calcolo del PIL in termini reali (comprensivo dell’inflazione) che viene utilizzato nel rapporto debito/PIL.
Un PIL reale inferiore, farà diminuire di meno quel rapporto, con il risultato di un debito/PIL più alto. Le stime del Governo risulteranno più ottimistiche della realtà e più criticabili dalla Commissione Europea nell’esame dei nostri conti pubblici.
Inoltre, se la BCE manterrà i tassi elevati per diverso tempo, ci troveremo nella condizioni in cui pagheremo alti rendimenti sui titoli di Stato a fronte di un livello di inflazione più basso. Il rendimento reale (al netto dell’inflazione) sarà così maggiore e il debito statale subirà una minore diluizione dovuta all’aumento del costo della vita.

Se una crescita dell’inflazione beneficia chi fa debito, che restituirà il prestito con denaro svalutato; una diminuzione dell’inflazione avvantaggia chi presta il denaro che subirà una minore erosione del potere d’acquisto sul denaro prestato.

 

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Maurizio Mazziero
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Fondatore della Mazziero Research, socio Professional SIAT (Società Italiana di Analisi Tecnica), si occupa di analisi finanziarie, reportistica e formazione. Partecipa al Comitato di Consulenza di ABS Consulting, collabora con OROvilla per le dirette social settimanali e la redazione del mensile ORONews. Autore di numerosi libri, fra cui “Investire in materie prime” e “Guida all’analisi tecnica”, viene spesso invitato come esperto di mercati ed economia in convegni, seminari e programmi radiotelevisivi; pubblica trimestralmente un Osservatorio sui dati economici italiani.

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