Grecia – una distrazione momentanea o una prova in costume?

Grecia – una distrazione momentanea o una prova in costume?

Questo articolo è stato pubblicato nell’Osservatorio sul Debito Pubblico relativo al 4° trimestre del 2014. Si riporta qui per dare maggior risalto all’argomento.

Dopo le recenti elezioni, è tornata di moda l’idea che la Grecia potrebbe trovarsi a pochi passi dal default e addirittura dall’uscita definitiva dalla zona Euro. L’approccio finora adottato dai nuovi leader del Paese non ha lasciato molte speranze che si possa trovare una soluzione in linea con gli accordi del passato, ma a vedere l’andamento del rapporto debito/Pil nel Paese (si veda Figura 1) è difficile sostenere che questi accordi abbiano funzionato.

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Figura 1: Debito pubblico greco (% Pil)
Fonte: Eurostat

Il grafico sopra indica in maniera molto chiara perché non si può risolvere una crisi dovuta al debito pubblico con un aumento del debito pubblico. Non bisogna neanche dimenticare che ci sono stati ben due salvataggi del Paese da parte della Troika negli ultimi anni, e l’ultimo (che risale al 2012) ha portato ad una ristrutturazione del debito. La riduzione che si è avuta nel 2012 è più evidente nella Figura 2, dove il calo del livello assoluto del debito è più chiaro.

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 Figura 2: Debito pubblico greco (€ milioni)
Fonte: Eurostat

In questo contesto difficile, ogni contatto con la Grecia da parte delle altre nazioni della zona euro sembra fonte di nuovi disaccordi. In ogni caso, si arriverà ben in fretta a definire il proseguimento della crisi in Grecia, grazie alle prossime scadenze che devono essere rispettate per godere del supporto della Troika.

Anche se l’ipotesi più probabile nell’immediato è un “tirar a campare” ancora per qualche tempo, forse sarebbe utile riflettere su ciò che non ha funzionato in questi ultimi anni. Lo spirito è quello di cercare di escludere in futuro quelle azioni che non hanno funzionato, per concentrarsi su ciò che può ritenersi utile:

  1. Prestare più soldi ad una nazione insolvente non migliora la situazione e i prestiti concessi “in cambio di riforme strutturali” possono servire soltanto per fare scavare un buco più profondo. Alla fine, se una nazione ha problemi di spesa, la cosa migliore è che venga ridotto l’accesso al denaro, così si ridimensiona subito.
  2. Coinvolgere le nazioni estere o gli enti sovranazionali in faccende domestiche crea le condizioni per un aumento del nazionalismo quando la percezione è quella di aver perso controllo del proprio destino. L’immagine della piazza ad Atene con striscioni che invitano la Signora Merkel a tornarsene a casa è sintomo di questo fenomeno.
  3. Affrontare le crisi “un pezzo per volta” crea disaccordo tra le nazioni messe peggio; in questo momento ci sono pressioni da parte della Spagna per non lasciare spazio alla Grecia nel rinegoziare gli impegni del passato, perché così impatterebbe negativamente sul governo Rajoy (che si ritiene abbia imboccato la strada dell’austerità).
  4. Le “regole del gioco” in qualsiasi unione devono essere chiare per tutti e anche le conseguenze devono essere chiare per chi non le segue. Se quei semplici parametri del Trattato di Maastricht servono a qualcosa, forse è il caso di farli rispettare e obbligare l’uscita dall’euro per chi non ci sta dentro. Con ogni probabilità, la zona Euro si sarebbe già sciolta se così fosse; quasi la totalità delle nazioni della zona Euro non rispettano i parametri del rapporto debito/Pil < 60% e il deficit annuo < 3%. Quindi, da un certo punto di vista, i Greci possono anche chiedere da quale pulpito gli esponenti delle altre nazioni fanno la predica, considerando che un po’ tutte le nazioni della zona Euro hanno fatto più o meno come hanno voluto.

Se queste sono le cose che non hanno funzionato, quali sono le possibilità rimaste? Nel contesto europeo, si può affermare che il libero scambio di merci e la libertà di movimento delle persone sia stato, in generale, un bene per tutti i Paesi che sono entrati a fare parte dell’Unione. Ecco quello che auspicabilmente ci si può aspettare in futuro, dopo che la fase attuale del “tirar a campare” sarà finita: un ritorno a qualche principio sano e semplice che agevola realmente l’economia, senza intaccare nel contempo i più importanti diritti sovrani della varie nazioni.

Il titolo di questo articolo ha posto la domanda: la Grecia è una distrazione momentanea o una prova in costume? Da un certo punto di vista, è una distrazione momentanea, perché nel senso assoluto non è in grado di rovinare l’economia europea. Il punto della Grecia però è sempre stato che le sue difficoltà potrebbero man mano colpire anche altre nazioni dell’UE, tramite l’effetto “contagio”. Sarebbe forse meglio concepire il discorso in altri termini, perché molte altre nazioni europee soffrono già della stessa malattia che ha colpito la Grecia e quindi non si tratta di contagio. Due esempi concreti (e interconnessi) che evidenziano questo fatto sono il debito pubblico in costante aumento e il profilo demografico in graduale peggioramento. Bisogna ricordarsi che il profilo demografico è così importante perché decine di milioni di persone in Europa hanno già maturato un diritto alla pensione, ma questo diritto è “virtuale”, ovvero completamente scoperto in termini economici. In parole povere, le pensioni possono solo essere pagate con denaro fresco reperito sotto qualche forma dai vari stati. È altrettanto importante considerare che le statistiche del debito pubblico non tengono conto del valore attuale netto di questi impegni verso i pensionati, quindi la situazione del debito pubblico è, in realtà, molte volte peggio di quello che sembra. Più che evitare un contagio, quindi, l’Europa dovrebbe cercare un modo per curare un’epidemia ormai fuori controllo.

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Andrew Lawford
andrew@mazzieroresearch.com
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