16 Set Chi salverà i salvatori?
Che l’Italia sia un paese fortemente indebitato è noto a tutti (debito pubblico 2.073 miliardi a luglio e un rapporto debito/Pil verso il 130%), ma che l’Italia sia obbligata in base agli accordi comunitari a destinare parte dei suoi mezzi ai paesi europei non è altrettanto conosciuto (si veda anche l’Osservatorio trimestrale Italia: economia a metà 2013).
Le azioni che l’Unione Europea ha messo in campo nel corso del tempo per fornire un salvataggio ai paesi in difficoltà sono diverse e hanno visto un coinvolgimento dei membri dell’Eurozona differenziato.
Il primo intervento che ha visto impegnato il nostro paese è stato quello di sostegno alla Grecia (Greek Loan Facility); a partire dal 2010 l’Italia ha disposto un prestito iniziale di 3,9 miliardi che ha raggiunto nel 2012 la somma di 10 miliardi. Non vi dovrebbero essere ulteriori aggravi per questi prestiti bilaterali, semmai le incognite riguardano la restituzione; ma va anche detto che nel frattempo sono stati predisposti altri programmi che potrebbero farsi carico di un rinnovo del prestito e consentire il rimborso.
Dal 2011 infatti è entrato in funzione l’EFSF, Fondo Europeo di Stabilità Finanziaria, sostituito dal giugno 2013 dall’ESM, Meccanismo Europeo di Stabilità; l’EFSF continuerà comunque la sua attività fino a quando tutti i prestiti emessi saranno rimborsati.
Dal 2011 al 2013 l’EFSF ha raccolto 98 miliardi mediante emissioni obbligazionarie e ha distribuito contributi per 162 miliardi a Irlanda, Grecia e Portogallo. Il programma di supporto per l’Irlanda sarà completato nel 2013, mentre quello di Grecia e Portogallo verrà ultimato nel 2014. Una volta completati i programmi, l’EFSF curerà il rinnovo delle emissioni sino a che tutti gli stati avranno restituito i finanziamenti concessi.
La quota italiana nell’EFSF è passata dai 3,1 miliardi di fine 2011, ai 26,9 miliardi del 2012, per raggiungere i 32,7 miliardi a luglio 2013.
Dal 2012 è attivo anche l’ESM, Meccanismo Europeo di Stabilità, che costituisce lo strumento permanente dedicato alla risoluzione delle crisi finanziarie dei paesi dell’Eurozona.
A regime l’ESM avrà una dotazione di 700 miliardi (la quota iniziale di 250 miliardi è stata ritenuta insufficiente) che è composta in:
- 80 miliardi versati in proporzione da ciascuno stato.
- 620 miliardi che gli stati sono tenuti “irrevocabilmente e incondizionatamente” a corrispondere in qualsiasi momento dietro richiesta, anche per compensare eventuali perdite sulla somma inizialmente versata.
Gli 80 miliardi hanno iniziato ad affluire a partire dal 2012, i pagamenti sono suddivisi in 5 tranche da 16 miliardi e si completeranno nel 2014.
L’Italia verserà in totale 14,33 miliardi pari a una quota di partecipazione del 17,9137%, ma risulta impegnata in modo inderogabile e a semplice richiesta a contribuire per 125,396 miliardi sull’intero capitale di 700 miliardi. A luglio 2013 il nostro paese aveva già versato 8,6 miliardi, e quindi ne dovrà versare ancora 5,7 per raggiungere la quota di propria competenza.
Nel Trattato di istituzione dell’ESM, sottoscritto da tutti i paesi dell’Eurozona, si possono trovare alcune particolarità:
- L’inserimento di Clausole di azione collettiva per i titoli di Stato di nuova emissione che disciplinano la modifica delle loro caratteristiche dopo il collocamento (si veda l’articolo Effetto sirtaki sui titoli di Stato).
- L’intervento a favore di salvataggi bancari, che possono avvenire solo in presenza di “bail-in”, cioè con la compartecipazione nel risanamento degli investitori e correntisti, salvaguardando i depositi sino a 100mila euro.
L’ESM ha già provveduto a versare 41,3 miliardi alla Spagna, che lo stato ha destinato al salvataggio bancario aggirando la clausola di “bail-in”, e ha fornito 3 miliardi a Cipro.
Per concludere, i contributi italiani a sostegno dei paesi dell’Eurozona hanno raggiunto nel tempo i 51,3 miliardi e sono ancora ben lungi dal vedere un termine. La domanda che sorge spontanea è come potrà un paese dall’equilibrio finanziario precario rispettare un deficit del 3% rispetto al Pil, il pareggio di bilancio dal 2014 e il rientro dal debito (fiscal compact) dal 2016?
Chi salverà i salvatori?
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