04 Apr Quando tutti sono debitori, chi ci presta i soldi?
Articolo di Andrew Lawford che ponendosi la domanda da dove arriveranno i soldi esplora le possibilità e le implicazioni.
A prima vista, il nostro mondo è cambiato in maniera radicale nelle ultime settimane. Personalmente non avrei mai immaginato di trovarmi ai domiciliari, ma di fatto sono in esattamente questo stato, e so di avere della buona compagnia – quasi tutti coloro che leggeranno questo articolo entro qualche settimana da quando verrà pubblicato (se andrà tutto bene).
Con le restrizioni di movimento arriva una propensione maggiore verso la riflessione, ed ecco che mi sono posto la domanda che è il titolo di questo articolo. Non è per niente banale, perché ci troviamo in una situazione particolarissima in cui quasi tutto il mondo ha deciso di forzare la chiusura di tutte le parti delle proprie economie non ritenute necessarie per la sopravvivenza nel breve termine. Le motivazioni di queste scelte sono state esposte ad nauseam e, siccome non ho nessuna conoscenza dell’epidemiologia, non le commento. Tuttavia, essendo scelte alquanto drastiche, con un impatto economico indubbiamente negativo, vorrei cercare di contribuire all’inquadramento del discorso sul piano economico e fiscale.
Poco più di un anno fa, nell’Osservatorio trimestrale sui dati economici italiani relativo alla fine del 2018, pubblicato come sempre dalla Mazziero Research, ho parlato dell’approccio radicale della MMT (Modern Monetary Theory), che aveva sempre più sostenitori tra i pretendenti al potere in molte nazioni nel mondo. Cito quell’articolo per una breve spiegazione della MMT:
“La MMT sostiene che lo stato può semplicemente creare nuova moneta per fare fronte alle proprie esigenze di cassa; le imposte, invece, vanno aumentate eventualmente in base al bisogno di abbassare l’inflazione. Il punto principale della MMT è che non c’è più un legame preciso tra la spesa statale e l’emissione di titoli di stato e gli introiti dalla tassazione. È un fanale che inizia ad attirare esponenti politici di diversi paesi, tutti coloro che stanno facendo fatica a far quadrare i conti quando la propensione alla spesa pubblica è alta.”
Avevo finito quell’articolo con il seguente augurio:
“Si può solo sperare che l’Italia non sia la prima tra le nazioni a provare la MMT nei prossimi anni.”
Non credo che l’Italia sarà la prima nazione a provare la MMT, ma l’inevitabile conclusione dopo aver letto alcuni dei programmi annunciati dai governi del mondo per affrontare l’attuale crisi è che probabilmente sperimenteremo la MMT tutti insieme.
Anche la discussione che riguarda i cosiddetti Coronabond porta dritto alla MMT; rispetto alle emissioni di debito da parte delle singole nazioni, cambia solo il nome del titolo e viene diversificato l’elenco dei soggetti formalmente tenuti a ripagarlo. Se prendiamo le quote dell’ESM (European Stability Mechanism o Meccanismo europeo di stabilità-MES) assegnate ai vari stati, scopriamo che l’Italia ne detiene quasi il 18%; un titolo emesso da un soggetto europeo come l’ESM che vede i proventi distribuiti a tutte le nazioni che partecipano al veicolo non sarebbe tanto diverso, in fin dei conti, da un titolo emesso dalla singola nazione.
Il vantaggio per le nazioni economicamente più deboli è quello di avere la forza dell’intera Unione come garanzia nei confronti dei creditori – ma questo presuppone che esiste un potenziale creditore disposto ad investire in un titolo del genere e che quel soggetto valuti la solidità dell’emittente UE sulla base degli anelli più forti della catena piuttosto che sulla base di quelli più deboli.
Siccome tutti i membri dell’UE si trovano a dover affrontare delle spese enormi per affrontare l’attuale crisi, sembra improbabile che i paesi più forti concederanno aiuti ai paesi più deboli; anche se ci sarà un’emissione comune, è probabile che ciascun membro avrà solo il beneficio della propria quota.
Da dove arriveranno i soldi di cui ha bisogno lo Stato?
I creditori scarseggiano in questi tempi. Non si può sperare di trovare molto sostegno da parte dei soliti fondi sovrani, che in questo momento sembrano più propensi a vendere i titoli di stato che hanno già in portafoglio piuttosto che investire in nuove emissioni.
Prendiamo l’esempio della Norvegia, che custodisce un tesoro di quasi 1.000 miliardi USD (o forse un po’ meno dopo le cadute recenti delle borse). L’ultimo paio di settimane ha visto circa il 5% della popolazione norvegese richiedere i sussidi per la disoccupazione e si sta valutando un prelievo dal fondo sovrano per più del 5% del suo valore per poter sostenere l’economia nell’attuale frangente. Il capo del fondo norvegese, Yngve Slyngstad, ha già dichiarato che eventualmente venderà titoli di stato e obbligazioni per finanziari questi prelievi.
Le voci che solitamente parlano di una tassa patrimoniale in agguato sono diventate più insistenti ultimamente. Una tassa di questo genere potrebbe coprire solo una piccola frazione dell’attuale fabbisogno di cassa, quindi il fastidio che provocherebbe sarebbe molto maggiore rispetto al beneficio per i conti dello Stato. In ogni caso, sembra improbabile per due fattori importanti:
- Le tasse patrimoniali le abbiamo già – si chiama imposta di bollo o IVAFE (per coloro che hanno investimenti all’estero) e si pagano annualmente nella misura dello 0,20%;
- Considerando l’attuale situazione e il rischio non indifferente di vedere scoppiare delle tensioni sociali, credo che il governo penserà due volte prima di applicare una tassa patrimoniale in un momento in cui l’orientamento politico generale è verso la distribuzione di risorse a sostegno della popolazione.
Quindi, al netto di qualche investimento da parte di fondi, come quelli pensionistici, che strutturalmente devono comprare titoli di debito, c’è da aspettarsi l’assorbimento delle nuove emissioni, in qualsiasi forma, da parte della BCE, ovvero la creazione di denaro dal nulla.
Questo lascia aperta la possibilità dell’inflazione, un fenomeno tutt’altro da escludere quando le economie inizieranno a riaprirsi. Vuoi per lo scoppio di una domanda tenuta soppressa per tanti mesi, vuoi per le difficoltà nel riavviare le varie parti delle supply chain mondiali, vuoi semplicemente per un veloce proseguirsi del processo di on-shoring già in atto prima della crisi attuale, le possibilità di assistere ad una fiammata d’inflazione ce ne sono.
Sulla giustizia o meno, nel contesto attuale, di distribuire risorse alle imprese e alle persone colpite dalla crisi non ho intenzioni di commentare. Tuttavia, dovrebbe essere chiaro che non possiamo aspettarci la creazione di prosperità attraverso queste azioni collettive di MMT a livello mondiale.
Come ha osservato Churchill, sarebbe “come un uomo in piedi in un secchio che cerca di sollevarsi tirando il manico.”
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