08 Set L’oro si mantiene debole, ma le sorprese sono dietro l’angolo
Luglio e agosto non sono stati dei mesi entusiasmanti per l’oro che, dopo la forte spinta rialzista di giugno, ha quasi restituito interamente il progresso, ripiegando del 6% da 1.347 a 1.266 dollari l’oncia di venerdì scorso.
Una debolezza che potrebbe continuare in settembre: il canale ribassista di medio periodo, infatti, sembrerebbe preludere a ulteriori cedimenti verso 1.250-1.240, dove la situazione resterebbe compromessa anche nel caso di recuperi sino a 1.290 dollari l’oncia.
In agguato anche un ulteriore “incrocio della morte”, fra le medie a 50 e 200 giorni che potrebbe maturare per la terza decade di settembre e proprio in tale contesto Goldman Sachs, attraverso il suo analista Jeffrey Currie, ha decretato la condanna dai microfoni di CNBC: ribasso di 200 dollari e target a 1.050 entro fine anno.
Quindi non resta che prepararsi alla discesa, benché l’ultimo trimestre dell’anno sia statisticamente favorevole per il metallo giallo; ci troviamo di fronte al medesimo copione dell’anno scorso con minimi di lungo termine a dicembre.
Eppure non mancano le “note stonate”: pur con borse toniche, bond ben comprati, dollaro in rafforzamento, siamo in presenza di forti tensioni geopolitiche (Ucraina, Siria, Isis e via dicendo) capaci di generare effetti sorpresa rilevanti.
Nel frattempo si avvicina la data del referendum “Salvate l’oro della Svizzera” che chiamerà i cittadini elvetici a esprimersi il 30 novembre per una modifica costituzionale sulle riserve della Banca Centrale.
In caso di successo referendario le riserve auree:
- Non potranno essere vendute.
- Dovranno essere depositate nel territorio della Confederazione.
- Dovranno costituire almeno il 20% degli attivi della Banca Centrale.
Un voto poco caldeggiato dalle autorità politiche e dai funzionari della SNB, la Banca Centrale, che pur malvolentieri hanno dovuto cedere il passo di fronte all’iniziativa popolare.
Il risultato non è scontato, ma il referendum potrebbe costituire un punto di svolta nella consapevolezza dei cittadini e nella loro capacità di influire sulle decisioni di politica economica.
L’argomento, in particolar modo per la Svizzera, è quanto mai attuale dato che ormai decorrono i tre anni dalla determinazione del minimo tasso di cambio a 1,2 franchi svizzeri contro euro.
Proprio in questi giorni, complice la debolezza dell’euro, il franco svizzero si è pericolosamente avvicinato a quella soglia che determina la vendita (stampa virtuale) in quantità illimitate di franchi svizzeri contro euro.
Un provvedimento che limita la forza del franco, ma che di fatto rende i cittadini svizzeri più poveri svalutando la propria moneta e agganciandola alle sorti della moneta europea: “Di fatto già oggi non abbiamo più il franco, ma l’euro e saremo soggetti alle sue variazioni – ha affermato l’ex numero uno di UBS e Credit Suisse Oswald Grübel – già oggi i cittadini elvetici sono più poveri del 20%”.
L’interventismo delle banche centrali sta facendo aumentare sempre di più la pressione in una pentola a tenuta ermetica, senza che si intraveda una soluzione chiara e definitiva a un mondo sempre più indebitato; il “de profundis” per l’oro è di là da venire.
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