Perché al rialzo dei tassi le obbligazioni perdono valore

Perché al rialzo dei tassi le obbligazioni perdono valore

Nell’articolo Attenti ai fondi obbligazionari, Andrew ha spiegato per quale motivo nei prossimi anni l’investimento in questi strumenti potrebbe presentare delle perdite.
Il fenomeno è abbastanza ovvio per chi opera nel settore e conosce la dinamica del prezzo delle obbligazioni al variare dei tassi, ma è sicuramente oscuro e oltremodo controintuitivo alla maggior parte degli investitori che ancora una volta potrebbero trovarsi presi alla sprovvista.

 

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La ragione dell’apparente controsenso sta nel fatto che:

  • Quando i tassi di interesse salgono le obbligazioni perdono valore.
  • Quando i tassi di interesse scendono le obbligazioni aumentano di valore.

Per comprendere il meccanismo dovremo aiutarci con un esempio, che necessariamente dovrà trascurare qualche dettaglio minore.

Supponiamo di aver appena acquistato un’obbligazione che costa 100, dura un anno e riconosce un interesse dell’1%.
Fra un anno noi ritireremo il nostro capitale pari a 100 e l’1% di interesse; per un ammontare pari a 101.

 

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Supponiamo che un attimo dopo aver comprato l’obbligazione, che costa 100, dura un anno e riconosce un interesse dell’1%, venissero alzati i tassi di interesse all’1,5% annuo, con un incremento dello 0,5%.

Se volessimo rivenderla subito non troveremmo nessuno che ce la compra restituendoci i 100 da noi pagati; la ragione è che dopo un anno incasserebbe 101 e quindi maturerebbe un interesse dell’1% quando ormai i tassi di interesse sono stati portati all’1,5%.

L’unico modo per rendere appetibile l’obbligazione sarà dargli il valore corretto; in pratica se a scadenza verrà restituito 101 si deve sottrarre l’1,5% che è il corrente tasso di interesse e otterremmo 99,50.

Questo sarà il valore a cui potremo vendere la nostra obbligazione con scadenza a un anno e cedola dell’1%. Il deprezzamento ottenuto dal rialzo dei tassi sarà pari allo 0,5%.

Più precisamente i tassi sono saliti di uno 0,5% annuo e l’obbligazione che dura un anno ha perso uno 0,5%. Se fosse durata due anni avrebbe perso l’1%, tre anni l’1,5%, quattro il 2% e così via sino al numero di anni di scadenza residua dell’obbligazione. In realtà qui abbiamo introdotto una semplificazione, la perdita è leggermente minore in quanto il flusso delle cedole annuali mitiga questo effetto di perdita; ma non illudiamoci troppo perché il valore di grandezza è poco distante.

Nel caso di una discesa dei tassi si avrà il fenomeno inverso. Se i tassi di interesse scendessero dall’1% allo 0,5% un attimo dopo il nostro acquisto sarebbe perfettamente inutile rivenderla a 100 in quanto si formerebbe davanti a noi una coda di acquirenti e non sapremmo a chi venderla. La ragione della moltitudine di acquirenti sta nel fatto che essi pagherebbero 100 e dopo un anno incasserebbero 101, con un profitto dell’1% quando i rendimenti sono ormai dello 0,5%.

Anche in questo caso dovremo cercare di vendere la nostra obbligazione al valore corretto, dato da: 101 (valore di rimborso) – 0,5 (interesse allo 0,5%) = 100,50. La riduzione dei tassi di interesse in questo caso ci ha favorito con un buon rendimento immediato.

Naturalmente questo effetto benefico si avrà sull’intera durata dell’obbligazione, a patto che questa stacchi delle cedole a tasso fisso. Per le obbligazioni a tasso variabile, invece, l’impatto sarà più modesto perché interesserà solo la cedola in corso; le successive infatti corrisponderanno al nuovo tasso di interesse, purché la variazione dei tassi di interesse non avvenga dopo che la nuova cedola sia già stata determinata, in quel caso l’impatto sarà maggiore e influenzerà il periodo di pagamento di due cedole.

Le tentazione dei risparmiatori sarà quella di non crucciarsi della variazione dei tassi di interesse e della conseguente svalutazione in conto capitale decidendo di portare a scadenza l’obbligazione, ma non bisogna dimenticare che:

  • Detenere un’obbligazione che rende meno dei tassi di mercato ha un costo, infatti non si colgono opportunità di rendimento maggiore.
  • Mantenere un’obbligazione sino a scadenza si può fare se la scadenza non è lontana, in genere inferiore ai 3 anni; con scadenze più lunghe possono sorgere degli impegni economici che ci pongono di fronte alla necessità di liquidare l’investimento.
  • Le scadenze lunghe espongono più a lungo al rischio di solvibilità dell’emittente; un particolare non trascurabile in questi tempi.
  • In un periodo di tassi storicamente bassi, la probabilità che vi sia un rialzo può essere consistente.
  • I portafogli di investimento sono in genere composti sia da scadenze lunghe che brevi, le scadenze lunghe avranno un impatto consistente, specialmente in periodi dove il basso valore delle cedole fanno fatica a compensare la perdita in conto capitale.
  • Chi detiene obbligazioni attraverso fondi o ETF non avrà modo di sottrarsi alla perdita che colpirà in base alla vita media delle obbligazioni in portafoglio.

Quindi come ci si può difendere?

  • Più volte abbiamo affermato che oggi il rischio delle obbligazioni raffrontato al rendimento che riconoscono è estremamente penalizzante.
  • E’ meglio individuare delle aziende che sono riuscite a passare senza troppe difficoltà questi anni di crisi e che presentano una buona redditività; i dividendi distribuiti da queste società sono spesso più interessanti delle cedole delle obbligazioni.
  • Se proprio a tutti i costi si insiste a voler investire in obbligazioni, meglio mantenersi su scadenze inferiori ai 3 anni e scaglionare le scadenze in modo di avere almeno ogni 6 mesi delle obbligazioni in scadenza.
  • Se il nostro investimento obbligazionario avviene mediante fondi o ETF è bene controllare la durata media delle obbligazioni in portafoglio e fare il possibile affinché questa sia contenuta.

Per concludere occorre ricordare che in questo articolo sono state fatte diverse semplificazioni:

  • Le percentuali sono state applicate con arrotondamenti per creare degli esempi facili.
  • I tassi di interesse sono stati considerati in termini generali, senza distinzione tra quelli delle banche centrali e quelli delle obbligazioni.

Nota: le immagini sono tratte dal Videolibro: Creare un portafoglio di investimento con gli ETF

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Maurizio Mazziero
maurizio@mazzieroresearch.com

Fondatore della Mazziero Research, socio Professional SIAT (Società Italiana di Analisi Tecnica), si occupa di analisi finanziarie, reportistica e formazione. Partecipa al Comitato di Consulenza di ABS Consulting, collabora con OROvilla per le dirette social settimanali e la redazione del mensile ORONews. Autore di numerosi libri, fra cui “Investire in materie prime” e “Guida all’analisi tecnica”, viene spesso invitato come esperto di mercati ed economia in convegni, seminari e programmi radiotelevisivi; pubblica trimestralmente un Osservatorio sui dati economici italiani.

3 Comments
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    Posted at 08:53h, 02 Luglio

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