06 Ott L’oro ritorna ai minimi del 2013
L’ottava inizia con un’eredità pesante dopo una settimana al cardiopalma per le borse europee, salvate in extremis dai buoni dati della disoccupazione americana: un invidiabile 5,9%, rispetto al nostro 12,3%.
Periodo critico anche per le quotazioni delle materie prime, spinte al ribasso dalla forza del dollaro, giunto ormai a 1,25 sull’euro; gli agricoli sono da tempo sotto pressione, a seguito di produzioni record, il petrolio è sceso sotto i 90 dollari al barile, incurante delle tensioni geopolitiche, e l’oro non gode certo di buona salute.
Dopo due settimane di strenua difesa sulla linea dei 1.210 dollari, il metallo giallo ha ceduto pesantemente nella seduta di venerdì scorso violando i 1.200 dollari l’oncia e avvicinandosi a quei minimi di 1.180 che avevano arginato le quotazioni a giugno e dicembre dell’anno scorso.
A questo punto il progresso del 2014 è stato completamente polverizzato dalle forze ribassiste e si appalesano cupi scenari. Quota 1.180 potrà ancora richiamare gli acquisti o invece siamo destinati a quel target di 1.050 dollari entro la fine dell’anno indicato da Goldman Sachs?
E ancora: se questo target venisse raggiunto, non si potrebbe presentare l’occasione per spingere i prezzi al di sotto della soglia psicologica dei 1.000 dollari e portare alla capitolazione definitiva degli ultimi spaesati estimatori del metallo giallo?
Va considerato infatti che in un panorama in cui le banche centrali sono impegnate a comprare tutto il comprabile (titoli di stato, asset backed securities, covered bond) e a fornire liquidità a buon mercato gli investimenti si dirigono senza limite verso asset rischiosi, svilendo la funzione rifugio dell’oro e relegandolo a “barbara reliquia”.
Ma siamo sicuri che questa situazione possa durare ancora a lungo? Sono davvero in grado le banche centrali di tappare le falle derivanti da un debito insostenibile? Stiamo andando verso un’epoca in cui l’oro è solo un materiale per confezionare monili luccicanti?
Una plausibile risposta la potremmo trovare in un articolo di Alan Greespan, ex governatore della FED, pubblicato recentemente da Foreign Affairs: “l’oro è l’ultima forma di denaro universalmente accettato[..]. Le valute si basano sulla garanzia di credito delle nazioni e potrebbero non essere accettate, mentre l’oro da oltre 2.000 anni ha sempre costituito una forma di pagamento indiscussa”.
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