L’insostenibile leggerezza nel misurare l’inflazione

L’insostenibile leggerezza nel misurare l’inflazione

Il 31 marzo, come di consueto a fine mese, l’Istat ha diramato i dati provvisori dell’inflazione italiana del mese appena trascorso. I telegiornali, puntuali “organi di informazione”, hanno prontamente registrato la quasi inesistente variazione dei prezzi (+0,1% rispetto al mese precedente e +0,4% rispetto a marzo 2013).

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La tabella di dettaglio dell’Istat riporta i vari dati disaggregati per settore merceologico per l’indice NIC (indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività), che registra la variazione dei prezzi dei beni e servizi consumati dalle famiglie come se si trattasse di un unico insieme omogeneo.

L’aspetto interessante è che pur avendo l’indice NIC una grande valenza per il sistema economico visto dal Governo, questo indice non è quello considerato per i raffronti in ambito europeo dove si fa riferimento all’IPCA (indice armonizzato dei prezzi al consumo per i Paesi dell’Unione europea).
L’orientamento Mazziero Research nella preparazione dei consueti Osservatori sul debito pubblico è proprio quella di considerare quest’ultimo, in quanto assicura una misura dell’inflazione comparabile tra i diversi paesi dell’Unione Europea.

Appena abbiamo provveduto all’aggiornamento mensile del grafico dell’inflazione abbiamo nuovamente notato una distorsione che appare periodicamente.

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Osservando il grafico si può notare che la variazione dell’ultimo mese non è affatto modesta, anzi si rileva un balzo che porta l’indice non molto lontano dai massimi di fine 2013. Il grafico mostra ovviamente il progresso dell’indice cumulativo, variazioni positive di inflazione si aggiungono, quelle negative si sottraggono; una modesta variazione dovrebbe muovere solo leggermente l’indice.

Il ricercatore è sempre curioso e le differenze alimentano la sete di indagine…
Ed ecco quindi la tabella pubblicata dall’Istat relativa all’indice IPCA:

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Sarà facile notare come vi sia una grossa differenza su abbigliamento e calzature; valore che nella registrazione del NIC era pari a zero.
Quale potrà essere il valore più veritiero? Quello dell’indice IPCA? Oppure quello relativo al NIC?
Dalla nostra indagine non siamo stati in grado di identificare quale sia il prodotto che all’interno della categoria modifica in modo così sensibile la lettura, ma abbiamo potuto rilevare che questa differenza si verifica puntualmente a marzo e, in misura leggermente inferiore, a settembre tutti gli anni almeno dal 2011, come appare in modo evidente anche dal grafico.

Potrà essere una cosa plausibile?
Quali differenze vi sono nel paniere nazionale NIC che riescono a mitigare in modo così sensibile la lettura dell’indice IPCA?
Non pone tutto ciò in dubbio la validità delle statistiche sull’inflazione?

Sono domande che ci facciamo e che in mancanza di dati certi lasciamo alla libera valutazione dei lettori.

 

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Maurizio Mazziero
maurizio@mazzieroresearch.com

Fondatore della Mazziero Research, socio Professional SIAT (Società Italiana di Analisi Tecnica), si occupa di analisi finanziarie, reportistica e formazione. Partecipa al Comitato di Consulenza di ABS Consulting, collabora con OROvilla per le dirette social settimanali e la redazione del mensile ORONews. Autore di numerosi libri, fra cui “Investire in materie prime” e “Guida all’analisi tecnica”, viene spesso invitato come esperto di mercati ed economia in convegni, seminari e programmi radiotelevisivi; pubblica trimestralmente un Osservatorio sui dati economici italiani.

2 Comments
  • Pingback:Istat, quale misurazione dell’inflazione è corretta? | Capire davvero la crisi
    Posted at 16:07h, 01 Aprile

    […] Qui di seguito riportiamo per intero un articolo di Maurizio Mazziero per gentile concessione del MazzieroResearch. […]

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    Posted at 19:30h, 08 Aprile

    […] Qui di seguito riportiamo per intero un articolo di Maurizio Mazziero per gentile concessione del MazzieroResearch. […]