Crescita economica e il rendimento dei mercati azionari

Crescita economica e il rendimento dei mercati azionari

La teoria economica vuole che i ritorni azionari siano legati, nel lungo termine, all’andamento economico dei paesi in cui operano le società quotate. Questa teoria corrisponde anche al buon senso: se le quotazioni azionarie non sono altro che il valore attuale delle aspettative dei flussi di cassa futuri delle società, allora la crescita economica dovrebbe far aumentare questi flussi.

La formula che esprime il legame tra il mercato azionario e l’andamento economico (insieme ad altri fattori) è come segue:

P = GDP × (E/GDP) × (P/E) 

ovvero che il prezzo del mercato azionario (P) è uguale al Pil (GDP) moltiplicato per il margine di profitto delle aziende (E/GDP o utili/Pil) e il rapporto prezzo/utile del mercato (P/E).

Dovrebbe essere chiaro che E/GDP (i margini di profitto delle aziende) e P/E (il rapporto tra prezzo e utili) possono soltanto fluttuare intorno ad un range relativamente ristretto (in altre parole, è impensabile che ci sia un trend di lungo termine nei margini o del P/E); se si accetta questa premessa, allora bisogna riconoscere che l’unica vera variabile di lungo termine è l’andamento del Pil (GDP).

Un problema sorge, però, quando si cerca di attuare una strategia d’investimento che sfrutti questa conoscenza. Se il Pil è di fondamentale importanza, allora non basta investire dove la crescita del Pil è più alto? Nella realtà, le previsioni del Pil sono alquanto inattendibili e, secondo uno studio interessante riportato nel recente Credit Suisse Global Investment Returns Yearbook 2014, è impossibile prevedere buoni ritorni in futuro sulla base della crescita del Pil in passato.

Anzi, per dire la verità, i ricercatori hanno scoperto non solo che non esistono trend identificabili nell’andamento del Pil nei vari paesi presi in considerazione, ma anche che i ritorni ottenuti dalla strategia di investire sempre nei paesi a più bassa crescita in passato rende notevolmente di più rispetto a quella che investe nei paesi a più alta crescita in passato (24,6 rispetto al 14,5%).

Questo studio non significa che l’andamento del Pil è ininfluente per il futuro, ma nega la possibilità di applicare una strategia in cui il buon andamento del Pil in passato sia uguale al buon andamento dei ritorni azionari in futuro. Se questo risultato sembra perverso perché esiste la tendenza di certe nazioni a crescere a ritmi sostenuti per lungo tempo, bisogna considerare che, secondo i dati, per ogni nazione in cui è identificabile un trend di crescita, ci sono altre in cui succede il contrario. In parole povere, per ogni Singapore, si trova una Sierra Leone.

Il motivo per questa differenza di performance si può ricercare nella tendenza presente tra gli investitori nell’assegnare un prezzo troppo alto per i buoni fondamentali che sono evidenti dall’andamento passato e di scontare troppo i prezzi per quei mercati che non hanno goduto di un buona performance nel passato recente.

Considerando quanto sopra, si trova conferma nel valore fondamentale degli investimenti basati sulla ricerca di valore sottostimato, che può essere riassunto nel vecchio detto dell’investitore contrarian:

Si possono avere notizie buone o prezzi bassi, ma non tutte e due.

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Andrew Lawford
andrew@mazzieroresearch.com
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