Cosa sono i MiniBot e quali sono le conseguenze non intenzionali del loro utilizzo

Cosa sono i MiniBot e quali sono le conseguenze non intenzionali del loro utilizzo

Cosa sono i MiniBot?

I MiniBot, nell’intendimento di chi li promuove, dovrebbero essere titoli di Stato di piccolo taglio impiegati per pagare i debiti della Pubblica Amministrazione (PA nel seguito dell’articolo) nei confronti di aziende e privati, che a loro volta potrebbero utilizzarli per il pagamento delle tasse.

Perché si è tornato a parlare di MiniBot?

La Camera ha approvato il 29 maggio scorso una mozione bipartisan che preso atto “il ritardo con il quale le amministrazioni pubbliche pagano le imprese” sollecita a “sbloccare il pagamento […] anche attraverso strumenti quali titoli di Stato di piccolo taglio”

E’ una valuta alternativa all’euro?

No, come abbiamo letto sopra vengono definiti espressamente come titoli di Stato.

Aumentano il debito?

Sì, come gli altri titoli di Stato sono un finanziamento dello Stato e quindi entrano nel computo del debito.

I pagamenti della PA dovuti a privati e aziende sono conteggiati come debito?

Molto spesso no, sono un debito corrente che dovrebbe venir saldato entro breve termine, nel caso si protraesse entrerebbero a tutti gli effetti nel bilancio come debito.

Fin qui le spiegazioni più semplici e immediate alle curiosità dei più, tuttavia in rete si è sviluppata una notevole dialettica sui pro e contro di questi strumenti e quindi abbiamo ampliato qui sotto il tema che già avevamo sviluppato nel libro “La crisi economica e il macigno del debito”, M. Mazziero e A.Lawford, 2018, Hoepli (La copertina la trovate a fondo pagina, qui il link alla libreria online).

Le mille facce della PA

La PA è un mostro pluricefalo formato da un’infinità di soggetti indipendenti e con bilancio a sé stante: amministrazioni centrali dello stato, enti locali (comuni, città metropolitane, regioni), Asl e così via.

Molto spesso chi lavora per la PA non si trova come committente l’Amministrazione centrale, ma ad esempio un ente locale.

La fattura viene quindi considerata un debito a breve termine e verrà saldata secondo le disponibilità di tesoreria (come introiti per servizi a domanda individuale, es. mense scolastiche e rifiuti, o tributi o trasferimenti statali).

Ne risulta che la fattura è un debito corrente e figurerà eventualmente come debito della PA nel momento in cui si passerà da un anno a quello successivo.

Nel caso di impiego di MiniBot come pagamento, l’ente locale dovrà richiedere l’emissione immediata al Tesoro facendo emergere e consolidare immediatamente il debito.

Quindi l’emissione di MiniBot equivarrebbe ad ampliare il debito; da questo punto di vista sarebbe meglio pagare immediatamente le prestazioni dei fornitori della PA: sarebbero subito soddisfatti e il denaro entrerebbe subito nel circolo dell’economia.

MiniBot: inizio validità e scadenza

Come abbiamo già visto, i MiniBot nella mente degli ideatori dovrebbero essere titoli di Stato di piccolo taglio emessi a pagamento di lavori e forniture alla PA e utilizzabili per il pagamento delle tasse.

Non abbiamo molti dettagli sulle caratteristiche dei MiniBot, ma certamente dovrebbero avere:

      1. Una data di inizio validità per il pagamento delle tasse, tale data non dovrebbe essere immediata in quanto verrebbero prontamente presentati ed equivarrebbero al pagamento immediato da parte dello Stato (esattamente l’inverso degli scopi alla base dei MiniBot).
      2. Una data di scadenza oltre la quale gli obblighi dello Stato nell’accettarli andrebbero in prescrizione.

 

Si potrebbero raggiungere i due scopi precedenti emettendo MiniBot con inizio validità per pagamento a 24 mesi e prescrivibili dopo 10 anni dalla validità.

Avendo un inizio validità spostato in avanti nel tempo dovrebbero riconoscere un interesse coerente con quello dei titoli di Stato di pari durata, al tempo stesso nascerebbe ben presto l’esigenza di un mercato secondario, meglio se regolamentato.

Se i MiniBot non riconoscessero interessi verrebbero immediatamente scambiati con titoli di Stato o contante, applicando uno sconto coerente con i rendimenti di mercato.

 

Visto dal lato del fornitore della PA

Il fornitore della PA che ha acquistato materiali pagando IVA e ha pagato stipendi e contributi previdenziali ai propri dipendenti riceverebbe, anche parzialmente, il pagamento con dei MiniBot che potrebbe utilizzare a sua volta per il pagamento delle tasse.

Difficilmente potrebbe attendere ad incassare il pagamento, avendo molto probabilmente altri crediti con la PA (ad es. con il reverse charge la fattura verso la PA non è caricata da IVA e quindi probabilmente risulterebbe già a credito di IVA sui materiali acquistati), e quindi procederebbe allo scambio immediato con lo sconto.

Probabilmente si avvierebbe anche un mercato parallelo, con un ampiamento del raggio di azione delle agenzie di factoring, dove verrebbe portata immediatamente all’incasso scontato la fattura verso la PA all’atto dell’emissione.

Se questo meccanismo non funzionasse in modo efficiente, alcuni fornitori cesserebbero di lavorare con la PA, i fornitori restanti alzerebbero i prezzi anche in funzione del maggior rischio e la PA avrebbe un danno.

 

Il mercato secondario dei MiniBot

Abbiamo già detto sopra della necessità di un mercato secondario, che seguirebbe l’andamento dei rendimenti dei titoli di Stato, sarebbe sensibile allo spread (anche se in modo minore visto il ravvicinato periodo di inizio validità) e quindi potrebbero maturare percezioni di rischio differenti nel corso del tempo.

Come tale è irrealistica l’illusione che i MiniBot mantengano il loro valore nominale, cioè che 50 euro di MiniBot siano costantemente scambiati a 50 euro. Visto che il contante è riconosciuto per ogni pagamento, mentre i MiniBot solo per il pagamento delle tasse, questi avrebbero maggior rischio e quindi minor valore.

I MiniBot influirebbero inoltre sul rischio debito e sarebbero in diretta concorrenza con i possessori di titoli di Stato poiché questi ultimi si baserebbero sulle entrate fiscali future per il pagamento degli interessi e dei rimborsi, ma essendo queste rappresentate da MiniBot, lo Stato non otterrebbe alcun incasso. Seppur parzialmente il rischio default aumenterebbe.

 

Le conseguenze non intenzionali dei MiniBot

Il mercato secondario potrebbe diventare molto volatile nei prezzi, specialmente se vi fosse una percezione maggiore di rischio default, e quindi vi potrebbe essere una corsa alla vendita, sbarazzandosi dei MiniBot per ottenere euro con un concambio sempre più sfavorevole (legge di Gresham: la moneta cattiva scaccia quella buona; solo per capirci, se aveste una banconote da 50 euro usurata e una integra tendereste quasi sicuramente a disfarvi prima di quello usurata).

 Il Tesoro dovrebbe intervenire per sostenere le quotazioni, anche attraverso gli specialisti che dovrebbero trovare un loro tornaconto; ciò significherebbe riacquistare i MiniBot o concambiarli con titoli di Stato, ottenendo un effetto contrario di quello all’origine dell’emissione di MiniBot.

 

Valuta parallela come primo passo verso Italexit?

Ipotizzare che i MiniBot possano essere un primo passo verso un sistema dei pagamenti parallelo a quello della valuta ufficiale è forse un po’ troppo pretenzioso.

I quantitativi sarebbero necessariamente ridotti e comunque abbiamo visto le problematiche che introducono.

I benefici iniziali nell’economia (il fatto di avere un maggior quantitativo di moneta circolante) si annullerebbero ben presto, con il peso delle criticità. Gli italiani tenderebbero a disfarsi dei MiniBot, nutrendo verso di essi minore fiducia e tenderebbero a tesaurizzare i risparmi (come avvenuto in questi anni in termini di calo dei consumi).

Nel caso di sfaldamento dell’euro o nell’ipotesi di Italexit, i MiniBot incorporerebbero immediatamente la svalutazione derivante dalla futura adozione di una moneta nazionale, esacerbando ancor di più gli aspetti sopra accennati.

 

Le esperienze degli altri

Zimbabwe 2016: dopo aver adottato l’aggancio al dollaro USA nel 2008, continuando una persistente iperinflazione, vennero adottati dei Bond notes ad uso interno e convertibili in dollari.

La necessità di dollari per l’importazione di beni esteri diede l’avvio al mercato parallelo, con una rapida svalutazione dei Bond-notes che raggiunse il 50 percento, insieme alla sempre minore disponibilità di dollari (ancora una volta la legge di Gresham). Nell’aprile del 2017 il governatore della banca centrale decretò il blocco dell’emissione di Bond-notes.

 

Note finali

Nella trattazione sono state introdotte delle semplificazioni che a nostro modo di vedere non modificano il senso generale del discorso.

 

Riferimenti bibliografici

La trattazione di questo articolo e degli stessi argomenti nel libro La crisi economica e il macigno del debito (sotto la copertina) si è avvalsa anche dei contributi:

Puglisi Riccardo, I #MiniBot? Ma mi faccia il piacere!, 21 agosto 2017
Bruno Giovanni, Riflessioni sulla moneta fiscale, Noise from Amerika, 21 luglio 2017

 

 

 

LA CRISI ECONOMICA E IL MACIGNO DEL DEBITO.

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Maurizio Mazziero
maurizio@mazzieroresearch.com

Fondatore della Mazziero Research, socio Professional SIAT (Società Italiana di Analisi Tecnica), si occupa di analisi finanziarie, reportistica e formazione. Partecipa al Comitato di Consulenza di ABS Consulting, collabora con OROvilla per le dirette social settimanali e la redazione del mensile ORONews. Autore di numerosi libri, fra cui “Investire in materie prime” e “Guida all’analisi tecnica”, viene spesso invitato come esperto di mercati ed economia in convegni, seminari e programmi radiotelevisivi; pubblica trimestralmente un Osservatorio sui dati economici italiani.

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