Occhio alle imposte patrimoniali sulle attività finanziarie estere

Occhio alle imposte patrimoniali sulle attività finanziarie estere

Le sorprese non sono mai finite! Abbiamo notato una complessità aggiuntiva a ciò che ci aspettavamo dalla nuova imposta sulle attività finanziarie estere e quindi abbiamo deciso di pubblicare un commento per segnalare ciò che potrebbe rivelarsi un problema per le persone che hanno movimentato i loro conti esteri nel corso del 2011. Non siamo commercialisti, quindi stiamo cercando solo di aiutare a inquadrare in maniera generale il problema. Consigliamo a tutti di affrontare l’argomento con il proprio professionista di fiducia al più presto possibile.

Dato che uno dei nostri principali consigli è quello di diversificare geograficamente i propri risparmi, anche come collocazione geografica della propria banca depositaria (e non solo degli investimenti effettuati), occorre prestare un’attenzione particolare agli aspetti fiscali di questa collocazione. Mandare i propri risparmi fuori dall’Italia, per depositarli in una banca straniera, comporta una serie di adempimenti fiscali: dichiarare i redditi nel Modello Unico, sottostare agli obblighi di monitoraggio fiscale nel Quadro RW del Modello Unico e, novità delle dichiarazioni 2012 relative all’anno d’imposta 2011, versare l’imposta sulle attività finanziarie estere.

Lo scopo dell’imposta sulle attività finanziarie estere, una vera e propria tassa patrimoniale, è quella di equiparare, a livello fiscale, la collocazione estera dei risparmi con la stessa collocazione presso un intermediario italiano. In Italia si paga il bollo, mentre chi detiene attività finanziarie all’estero deve auto-liquidare un’imposta. La sostanza economica non è molto diversa, ma chi detiene una parte dei propri risparmi all’estero deve effettuare da solo, o con l’aiuto del proprio commercialista, il calcolo delle imposte da versare.

In questo contesto, si segnala il recente provvedimento di attuazione, rilasciato dall’Agenzia delle Entrate in data 5 giugno – appena 13 giorni prima del termine per il versamento delle imposte. Per fortuna, tale termine è stato prorogato fino al 9 luglio, presumibilmente per dare ai contribuenti e ai commercialisti un minimo di speranza di poter effettuare i calcoli richiesti per la nuova imposta.

Il provvedimento in questione tratta anche l’imposta aggiuntiva sulle attività “scudate”, nonché quella relativa agli immobili esteri, due temi che non verranno affrontati in questo articolo. Dal punto 5 (pagina 9), si può leggere che cosa deve calcolare il contribuente che detiene delle attività finanziarie all’estero:

  • 0,10% per il 2011 e il 2012;
  • 0,15% per gli anni successivi;
  • Calcolare il valore di mercato al termine di ciascun anno solare nel luogo in cui le attività sono detenute;
  • Rapportare tale valore ai giorni di detenzione e ripartirlo in base alla percentuale di possesso (in caso di cointestazione);
  • Qualora le attività non siano più possedute alla data del 31 dicembre dell’anno si deve fare riferimento al valore delle attività rilevate al termine del periodo di detenzione.

I conti correnti esteri detenuti presso banche UE o del SEE (Spazio economico europeo), purché in paesi che garantiscono un adeguato scambio di informazioni, sono tassati a 34,20 euro, sempre in base ai giorni di detenzione e ripartiti in base alla percentuale di possesso. Nulla è dovuto per questo tipo di conto corrente se la giacenza media annua non risulta superiore a 5.000 euro.

È da notare che: a meno che non si tratti di un portafoglio senza movimentazione nel corso del 2011, calcolare l’imposta non è semplicemente un discorso di sommare le proprie attività a fine anno e moltiplicare per lo 0,10%. Le parole “rapportata ai giorni di detenzione” nascondono parecchio lavoro per chi ha avuto anche solo poche transazioni nell’arco dell’anno.

Inoltre, non è chiaro che fine fanno i conti correnti ex-UE/SEE o comunque in paesi che non garantiscono un adeguato scambio di informazione. Presumibilmente bisognerà calcolare l’imposta come se fosse un qualsiasi altro investimento.

Infine, la scelta di complicare la vita al contribuente che detiene una parte dei propri risparmi all’estero è perfettamente in linea con la politica di financial repression. Non possiamo che cercare di essere in regola, pur domandandoci se certe complicazioni non siano un controsenso per un governo dedicato, a parole, alle semplificazioni fiscali.

Per chi fosse interessato ai nostri commenti sull’evoluzione del fisco sulle attività finanziarie estere, la nostra newsletter (iscrizione gratuita tramite il link in fondo alla pagina), riprenderà l’argomento in futuro.

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Andrew Lawford
andrew@mazzieroresearch.com
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