La tragedia greca e il dramma europeo

La tragedia greca e il dramma europeo

Dopo un lungo negoziato, il 27 novembre la Troika (Unione Europea, Banca Centrale Europea e Fondo Monetario Internazionale) ha approvato una nuova tranche di finanziamenti alla Grecia.

Al di là delle notizie che vengono riportate dai giornali, con i quali non possiamo e non vogliamo competere, l’analisi di dettaglio degli accordi svela nuovi elementi che ci permettono di trarre delle considerazioni che a nostro parere non sono state evidenziate.

Le premesse
Nel testo del comunicato stampa dell’Eurogruppo(organismo che riunisce i Ministri delle Finanze dei paesi aderenti all’euro) si legge che:

  • La Grecia ha adottato nuovi strumenti e meccanismi per il raggiungimento degli obiettivi delle clausole condizionali per l’attribuzione degli aiuti.
  • La Grecia ha rafforzato il conto segregato per il servizio del debito (termine per indicare gli interessi sui debiti, ndr) che verrà alimentato dai proventi delle privatizzazioni e dal 30% del surplus primario (termine che indica la differenza positiva tra entrate e uscite prima del pagamento degli interessi, nel caso di differenza negativa ci si trova di fronte a un deficit, ndr).
  • La Grecia dovrà garantire una piena trasparenza prospettica ex ante ed ex post del conto segregato ai fini della pianificazione degli strumenti di salvataggio EFSF (European Financial Stability Facility: organismo temporaneo di assistenza finanziaria per gli stati aderenti all’euro approvato il 9 maggio 2010) ed ESM (European Stability Mechanism, organismo permanente di assistenza finanziaria, il suo mandato consiste nell’emissione di obbligazioni e altri strumenti atto a finanziare il salvataggio dei paesi dell’Eurozona, affianca l’EFSF dall’8 ottobre 2012 e lo sostituisce nei nuovi interventi).
  • L’Eurogruppo ha osservato che la sostenibilità del debito greco è peggiorata rispetto a marzo 2012 a causa di un deterioramento della situazione macroeconomica e di un ritardo nell’attuazione dei programmi.
  • L’obiettivo di un avanzo primario del 4,5% del Prodotto interno lordo viene spostato dal 2014 al 2016.
  • La Grecia potrebbe avviare un programma di riacquisto del proprio debito, ma a patto che questo avvenga a prezzi non superiori di quelli di chiusura del 23 novembre 2012.

I termini dell’accordo
A seguito di tali premesse l’Eurogruppo ha dato la propria disponibilità ad intraprendere le seguenti iniziative:

  • Un abbassamento di 100 punti base (1%, ndr) del tasso di interesse sui prestiti concessi alla Grecia nell’ambito del Greek Loan Facility, il primo piano di assistenza greco dell’1 maggio 2010 costituito da prestiti bilaterali degli stati UE (80 mld.) e del FMI (30 mld.) per un totale di 110 miliardi di euro. Gli stati europei che a loro volta chiedono assistenza finanziaria (al momento Portogallo, Irlanda e Spagna) non sono tenuti a partecipare a tale riduzione di interessi.
  • Un abbassamento di 10 punti base (0,1%, ndr) dei costi di garanzia sui prestiti concessi da parte dell’EFSF. Si tratta dei 144,7 miliardi concessi dall’EFSF a cui si aggiungono i 19,8 miliardi del FMI (totale 164,5 miliardi) suddivisi in tranche sino al 2014 e ad attivazione condizionale, approvati nel marzo 2012.
  • Una proroga delle scadenze dei prestiti bilaterali e dell’EFSF fino a 15 anni e un rinvio del pagamento degli interessi sui prestiti dell’EFSF di 10 anni; questo rinvio non avrà effetti sulla solvibilità dell’EFSF che è pienamente supportato da garanzie degli stati membri.
  • Un impegno da parte degli stati membri di trasferire sul conto separato della Grecia, un importo (circa 7 miliardi) equivalente al reddito sul portafoglio dell’SMP (Securities Markets Programme: programma di acquisto di titoli pubblici da parte dell’Eurosistema – BCE e banche centrali nazionali – al fine di garantire liquidità a quei titoli e ai segmenti di mercato affetti da disfunzioni) maturato dalle rispettive banche centrali nazionali a partire dall’anno 2013. Gli stati europei che a loro volta chiedono assistenza finanziaria non sono tenuti a questa restituzione nel periodo di assistenza.

Tutte queste iniziative vengono assunte con gradualità e a fronte di un concreto impegno greco a sottostare alle clausole condizionali. Ulteriori azioni potranno essere assunte bilateralmente dagli stati come nuovi finanziamenti o aggiuntive riduzioni del tasso di interesse al fine di ridurre il debito greco e riportarlo in condizioni di sostenibilità. A tal proposito la Grecia dovrebbe raggiungere un rapporto debito/Pil del 175% nel 2016, anno in cui cesserà il supporto dell’FMI, del 124% nel 2020 e del 110% nel 2022. Il supporto dell’Eurogruppo continuerà fintanto che la Grecia non abbia riacquistato l’accesso ai mercati di finanziamento del debito. L’erogazione di prestiti da parte dell’EFSF ammonta a 43,7 miliardi, di cui 33,4 miliardi entro dicembre 2012 e la restante parte in 3 tranche nel primo trimestre del 2013.

Le riflessioni
Sino a questo punto i fatti; un accordo certamente complesso e che rivela nuovi dettagli rispetto alla lettura frettolosa fatta dai media. Di seguito vengono riportate alcune considerazioni, che non hanno la pretesa di fornire letture alternative agli accordi dell’Eurogruppo, ma che vengono espresse come riflessioni a voce alta dell’autore:

  • L’accordo è stato raggiunto dopo lunghi negoziati, l’oggetto del contendere era l’effettiva adozione e applicazione delle clausole condizionali.
  • Il Fondo Monetario Internazionale, malgrado condotto da un direttore europeo (Christine Lagarde) sopporta sempre meno le negoziazioni con UE e BCE, si sfilerà dal 2016.
  • Indipendentemente dall’effettivo raggiungimento degli obiettivi condizionali, la sofferenza del popolo greco è sotto gli occhi di tutti; ciò significa che le condizioni imposte nei salvataggi sono durissime e vanno al di là dell’effettiva valutazione di sopportazione da parte della popolazione. Allo stesso tempo va detto che la responsabilità della povertà del popolo greco non deriva esclusivamente dalle clausole condizionali della Troika, ma dalla classe politica greca che ha sperperato e amministrato il paese con spese al di sopra delle proprie possibilità (un tema comune all’Italia).
  • L’accordo dell’Eurogruppo è molto articolato ma potrebbe essere sintetizzato in: riduzione di interessi, allungamento del debito, restituzione di interessi percepiti; in buona sostanza è una ristrutturazione del debito greco, in altri termini un default parziale: il secondo in pochi mesi.
  • La contropartita greca consiste nell’utilizzo dei finanziamenti e dei soldi provenienti dalle privatizzazioni per ricomprare parte del debito; i finanziamenti quindi sono volti a recuperare il recuperabile dal debito greco detenuto da istituzioni finanziarie, generalmente banche.
  • La Troika compra ancora una volta del tempo, i primi finanziamenti del 2010 furono concessi a fronte di ipotesi di risanamento irrealizzabili; gli ulteriori passi di finanziamento e la ristrutturazione del debito di solo qualche mese fa presupponeva un abbassamento del rapporto debito/Pil al 120% per il 2020. Erano numeri troppo ottimisti, atti come si suol dire a “indorare la pillola”; per quale motivo dovrebbero essere quelli di quest’oggi più realistici? A quando un nuovo intervento?
  • E’ realistico prevedere un rapporto debito/Pil del 124% nel 2020 e del 110% nel 2022?
  • L’accordo non è un finanziamento da parte dell’Unione Europea, entità che ad alcuni potrebbe risultare astratta o lontana, ma contiene clausole vincolanti per tutti i paesi aderenti all’euro, quindi anche per l’Italia.
  • I prestiti bilaterali concessi nel 2010 erano stato indicizzato al tasso Euribor 3 mesi +3,0% per i primi 3 anni e 4,0% per i successivi, ciò significava per quel periodo un tasso di circa il 3,65% (nel caso di uno spread al 3,0%). La riduzione dell’1% del tasso di interesse consiste di fatto nel mantenimento dei prestiti a un tasso Euribor 3 mesi +3,0% (per il primo semestre 2013 saranno ancora più bassi: Euribor 3 mesi +2,5%) che corrisponde attualmente al 3,191%. Essendo il tasso medio di finanziamento per l’Italia compreso tra il 3,5% e il 4,5%, l’Italia si trova a perdere sui 14,8 miliardi prestati tra lo 0,3 e l’1,3%, ovvero tra i 45 e i 190 milioni di euro l’anno (calcoli effettuati in base al tasso medio pagato a ottobre su BTP e CCT pubblicato dalla Banca d’Italia, si veda anche l’Osservatorio Italia 3 trim. 2012 – Pil, debito & Co a pag. 12). Nel caso invece vi fossero dei profitti dai prestiti, a partire dal 2013 verranno restituiti alla Grecia.
  • La proroga delle scadenze dei prestiti bilaterali avrà ricadute sulle necessità di budget dei singoli stati, ad eccezione di Portogallo, Irlanda e Spagna, e sui vincoli Fiscal Compact di pareggio di bilancio e riduzione del debito (in ragione di 1/20 all’anno della differenza fra il debito/Pil e il 60%, si veda anche l’Osservatorio Italia 1 trim. 2012 – Pil, debito & Co a pag. 10).
  • La modifica dei tassi e delle scadenze sul debito greco con l’Italia, ha ricadute sulla legge 99 del 22 giugno 2010 che ha convertito il decreto legge 67 del 10 maggio 2010 (si veda il relativo testo); l’accordo supera di fatto la potestà parlamentare italiana. Esiste già oggi nel nostro paese un rischio di perdita di sovranità?
  • Le modifiche di condizioni risarcitorie gettano una luce preoccupante sui regolatori europei e sulla loro capacità di determinare variabili economiche che non strozzino un paese. E’ molto probabile che il primo aiuto alla Grecia si sia svolto in un clima di esosità e risentimento per la falsificazione dei bilanci; ma se l’Unione Europea non è in grado di far di conto nei confronti di un paese in difficoltà, quali garanzie vi sono che possa farlo in modo corretto e senza conflitti di interesse verso una pluralità di stati e per un’ampia varietà di settori produttivi? Quali ricadute potrebbe avere l’unione fiscale dei paesi?
  • La proroga delle scadenze non ha effetti sulla solvibilità dell’EFSF che è pienamente supportato da garanzie degli stati membri, affermazione ben in evidenza nel testo dell’accordo. Questo aspetto, di cui se ne è poco parlato nei media, è garantito dal fatto che a fronte di una richiesta dell’Eurogruppo di provvedere a ricapitalizzare l’EFSF o l’ESM gli stati membri devono provvedere in modo irrevocabile e incondizionato. L’obbligo di uno stato di provvedere in futuro a una richiesta di fondi dell’EFSF o dell’ESM in modo irrevocabile e incondizionato contravviene alla libertà e alla volontà di un popolo; fino a che punto ciò non è già una cessione di sovranità?
  • La quota italiana nell’EFSF è pari al 17,8598% e garantisce una somma di 139,268 miliardi.
  • La quota italiana nell’ESM è pari al 17,914% e garantisce una somma di 125,39 miliardi, dei quali versati 14,33 miliardi.
  • Ogni azione di aiuto aggrava di conseguenza le condizioni di debito di ciascun paese; per quanto riguarda l’Italia la soluzione al debito solo in minima parte si concretizza in riduzioni di spesa, ma contempla un aumento della tassazione, già mostruosamente elevata (si veda anche l’Osservatorio Italia 3 trim. 2012 – Pil, debito & Co). Ciò significa che ogni richiesta di fondi a livello europeo grava pesantemente sulla cittadinanza italiana.
  • Questi impegni non riguardano la totalità dei membri dell’Unione Europea, ma solamente coloro che hanno aderito all’euro. Il Regno Unito, ad esempio, pur aderendo all’Unione non viene interessato da questi provvedimenti.
  • L’Eurozona si configura sempre più come una casa dove è possibile entrare, ma non è più possibile uscire; questo aspetto getta delle ombre sempre più preoccupanti sul suo futuro. Quanti stati consapevoli ora di tale evidenza vorranno davvero aggregarsi? Le clausole condizionali greche fino a che punto possono spingersi nell’esproprio di sovranità? Cosa accade nel caso tali condizioni non vengano rispettate: un commissariamento governativo, un’invasione? Può il diritto di autodeterminazione dei popoli essere calpestato da un’unione sovranazionale? La riduzione in stato di povertà di un popolo può essere configurato come un crimine? Per quale motivo un processo di aggregazione monetaria può essere considerato irreversibile (cit. Mario Draghi, Pres. BCE, 21 luglio 2012)?

Questi e molti altri sono i quesiti che possono sorgere, l’euro da sogno si è rivelato un incubo e le conseguenze di un suo abbandono sono sproporzionate tanto da renderlo una coercizione. Forse i greci se fossero stati in grado di uscire anche solo temporaneamente dall’euro, pur con tremende sofferenze, avrebbero già risolto il problema del debito e sarebbero ora il paese europeo più competitivo.
Purtroppo con questo accordo non si è risolto il problema, ma si è solo voltato pagina in un libro che racconta di debiti sempre più grandi, di povertà sempre più acuta e di libertà sempre meno considerate.
Ciascuno di noi è chiamato a prestare sempre più attenzione a dove va il nostro paese, anche per questo la Mazziero Research pubblica trimestralmente un Osservatorio sullo stato dei conti pubblici italiani, riportando i fatti e spiegandoli in un commento. Nella sezione Osservatorio del sito sono scaricabili liberamente tutti i documenti.
Le considerazioni del presente articolo sono da attribuire esclusivamente all’autore.

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Maurizio Mazziero
maurizio@mazzieroresearch.com

Fondatore della Mazziero Research, socio Professional SIAT (Società Italiana di Analisi Tecnica), si occupa di analisi finanziarie, reportistica e formazione. Partecipa al Comitato di Consulenza di ABS Consulting, collabora con OROvilla per le dirette social settimanali e la redazione del mensile ORONews. Autore di numerosi libri, fra cui “Investire in materie prime” e “Guida all’analisi tecnica”, viene spesso invitato come esperto di mercati ed economia in convegni, seminari e programmi radiotelevisivi; pubblica trimestralmente un Osservatorio sui dati economici italiani.

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