Energia, rischio paese e rischio geografico

Energia, rischio paese e rischio geografico

In un periodo di incertezza economica come quello attuale, è interessante cercare di capire le prospettive di medio-lungo termine per vedere quali possono essere le occasioni d’investimento oggi. È da qualche mese che il comparto energetico sta attraversando un periodo relativamente debole, soprattutto a causa delle preoccupazioni per la crescita economica cinese. È da tenere presente che quel paese è stato la fonte di un aumento notevole della domanda per l’energia in questo ultimo decennio.

A prescindere dall’andamento dell’economia cinese nel breve-medio periodo, il World Energy Outlook 2011, pubblicato dall’International Energy Agency (IEA), aiuta a focalizzare l’attenzione su alcuni aspetti critici. Si legge che:

“Nonostante l’incertezza che caratterizza le prospettive di crescita economica nel breve termine… la domanda di energia crescerà in modo sostenuto, aumentando di un terzo tra il 2010 e il 2035.”

Complice in questo aumento è la crescita della popolazione mondiale attesa nel periodo (+1,7 miliardi nel 2035) e l’attuale stato di privazione energetica che vede ben il 20% della popolazione mondiale senza l’energia elettrica. Infatti, la crisi del debito sovrano nei paesi sviluppati che tanto condiziona le scelte d’investimento degli Europei e Americani non influisce moltissimo sulla domanda per l’energia a livello mondiale. L’IEA prevede che:

“Nel periodo compreso tra il 2010 e il 2035, i paesi non-OCSE saranno responsabili del 90% della crescita demografica, del 70% dell’aumento dell’attività economica e rappresenteranno oltre il 90% dell’incremento previsto della domanda globale di energia.” 

In termini molto semplici: un eventuale calo dei consumi energetici nel mondo sviluppato non farà altro che agevolare l’aumento dei consumi nei paesi emergenti.

Detto questo, bisogna esaminare le varie tipologie d’energia, scegliendo poi di investire su quelle che offrono un buon rapporto tra rischio e rendimento. Per questa analisi, approfondiamo il comparto petrolifero per il semplice motivo che è la fonte energetica più flessibile in assoluto. Oltre a essere il mercato più globale che esiste, il petrolio può essere utilizzato per generare energia elettrica, così come per produrre combustibili liquidi per l’autotrazione. Tutte le altre fonti principali (carbone, gas naturale, rinnovabili e nucleare) hanno una limitazione geografica e/o di utilizzo finale.

L’investimento in petrolio

Le principali opzioni per investire sul petrolio sono queste:

  • Esposizione alla materia prima stessa, sotto forma di derivati;
  • Esposizione alle società petrolifere internazionali;
  • Esposizione alle società petrolifere nazionali;
  • Esposizione alle società esploratrici.

Sebbene le occasioni d’investimento esistano nella prima e nell’ultima categoria, l’alto livello di specializzazione richiesta le rende fuori dalla portata della maggior parte degli investitori comuni. Il contesto migliore è sicuramente tra le società petrolifere internazionali o nazionali, che possono offrire una buona stabilità societaria idonea all’inserimento in un portafoglio conservativo.

Le società petrolifere internazionali

Le società petrolifere internazionali sono ben note: la società italiana più grande è una di queste (ENI), inoltre la società europea più grande è un’azienda petrolifera (Total) e, fino a poco tempo fa, anche la società con la maggiore capitalizzazione al mondo era una petrolifera (ExxonMobil). Queste tre società hanno un fattore che li accomuna: producono poco petrolio nei loro paesi di appartenenza. Perfino ExxonMobil, nonostante la sua produzione USA ancora relativamente alta (450 mila barili al giorno circa), produce più dell’80% del totale in altri paesi.

Il fatto è che per cercare di mantenere i ritmi di produzione di oggi (e di rimpiazzare le riserve progressivamente estratte), le società petrolifere si sono dovute spingere in paesi lontani, dove spesso i governi cambiano le regole senza badare agli accordi presi in precedenza.

Prendiamo come esempio la produzione di Total, la società petrolifera francese:

Fonte: Total - Cliccare per ingrandire

Come sarà facile notare, la percentuale della produzione proveniente da giurisdizioni “tranquille” non è molto alta (forse il 25% del totale, grazie soprattutto alla grande presenza nel mare del Nord). Con il calo della produzione nel mare del Nord, la quota di produzione in paesi tranquilli è destinata a calare ancora.

Le società petrolifere nazionali

Queste sono società che possono produrre dei volumi di tutto rispetto, ma che sono rimaste vicine a “casa”, grazie ai grandi volumi storicamente prodotti nei loro paesi di appartenenza. Un buon esempio è Statoil, la società petrolifera norvegese che ha una posizione dominante nella produzione di petrolio e gas naturale proveniente dal territorio norvegese nel mare del Nord. La posizione di Statoil sta cambiando, però, a causa del calo della produzione nel mare del Nord; nei prossimi anni, il suo rischio paese aumenterà gradualmente insieme all’espansione in mercati stranieri. Tuttavia, nel medio periodo, la maggior parte delle sue riserve e la sua produzione rimarrà in Norvegia.

L’aumento del rischio paese

La corsa delle materie prime nell’ultimo decennio ha creato una tentazione fin troppo forte per molti governi nel mondo. La recente nazionalizzazione della YPF in Argentina è solo un esempio particolarmente eclatante di un trend in atto a livello mondiale. Questo fenomeno è stato esaminato ampiamente nel nostro studio dell’oro (L’oro e gli strumenti d’investimento) e quindi non si ripeterà l’analisi qui. Per rendersi conto della sfida alla quale le società petrolifere vanno incontro, basta considerare la localizzazione delle riserve petrolifere nel mondo. La seguente tabella indica tutti i paesi con riserve petrolifere stimate in più di 10 miliardi di barili.

Fonte: BP Statistical Review 2011 - Cliccare per ingrandire

A parte il fatto che molti di questi paesi sono effettivamente chiusi per le compagnie petrolifere straniere (si pensi che la produzione dell’Arabia Saudita è interamente controllata dalla Saudi Aramco, società appartenente allo Stato), quasi tutti quelli che sono aperti all’investimento da parte di compagnie straniere non brillano per la trasparenza delle loro autorità.

È nell’eccezione a questa regola che bisogna concentrarsi: Canada è il terzo paese al mondo per riserve petrolifere e sicuramente presenta un rischio paese molto basso, anche se considerazioni ambientali e fiscali possono influire sulle attività delle società petrolifere nel paese. La posizione invidiabile di questo paese è dovuta alle sabbie bituminose presenti in grandi parti dello stato di Alberta e che sono diventate economicamente estraibili con il rialzo del petrolio in questo ultimo decennio.

Una società petrolifera nazionale con riserve in crescita

In forte contrasto alla posizione di una società come Statoil è la canadese Imperial Oil, che si trova a sviluppare nuove riserve petrolifere a “casa”. Non ha alcuna attività fuori dal Canada, e probabilmente non l’avrà mai, dato che è partecipata al 70% dall’ExxonMobil, che la utilizza per sviluppare le sue attività canadesi. L’associazione con ExxonMobil porta anche diversi altri vantaggi. Prima di tutto, l’impostazione prudenziale del bilancio della società, che ha un indebitamento molto basso (gode del rating AAA). Secondo, ha accesso alle attività di ricerca e sviluppo di ExxonMobil, nonché alla sua esperienza di Project Management, un fattore critico per lo sviluppo dei grandi giacimenti di sabbie bituminose.

A parte tutto questo, il punto principale dell’articolo è che in un mondo in cui l’energia inizia a scarseggiare, dovrebbe essere premiato chi detiene grandi riserve in posti sicuri.

Confronto tra Imperial, Statoil e Total

Un paio di grafici dovrebbero aiutare a rendere l’idea della differenza tra queste tre società.

Il primo indica l’andamento delle riserve delle tre società a partire dal 2006. Dovrebbe essere evidente che l’unica che è riuscita a crescere le proprie riserve è Imperial.

Fonte: Elaborazione Mazziero Research su dati delle società - Cliccare per ingrandire

Il secondo indica il numero di anni di produzione implicita nelle riserve di ciascun anno (è la divisione delle riserve per la produzione annua). Total e Statoil possono, al meglio, stare fermi, rimpiazzando di anno in anno le riserve estratte. Imperial, invece, ha segnato un forte aumento delle riserve negli ultimi anni, arrivando a ridosso di 35 anni di riserve.

Fonte: Elaborazione Mazziero Research su dati delle società - Cliccare per ingrandire

La tabella che segue indica l’attuale quotazione delle tre società espresso come prezzo in USD per barile di riserve. Si potrebbe sostenere che la posizione di Imperial merita un prezzo più alto di quello attuale.

Fonte: Elaborazione Mazziero Research - Cliccare per ingrandire

Rischio geografico 

Mentre per Total, il rischio è soprattutto di natura geo-politica e viene diversificata in quasi tutto il mondo, per Imperial Oil, il rischio principale è legato alla geografia dell’Alberta e all’infrastruttura che esiste per trasportare il proprio prodotto al mercato finale. Questa è una difficoltà che deriva dalla concentrazione delle attività di un produttore di petrolio in un singolo paese.

Finora, la maggior parte del petrolio canadese ha trovato un compratore benevolo negli USA, e nel corso degli anni un sistema di oleodotti è stato sviluppato per soddisfare il fabbisogno di questo grande consumatore di energia. Negli ultimi anni, però, con il boom del petrolio da scisti, questa infrastruttura non è più stata idonea a garantire i prezzi migliori agli esportatori canadesi. Uno sguardo alla mappa degli oleodotti nel Nord America aiuterà a comprendere il problema.

Fonte: CAPP Crude Oil Forecast 2011 - Cliccare per ingrandire

L’arrivo di grandi quantità di petrolio a Cushing, nel centro degli USA, ha creato una fornitura in eccesso della capacità di raffinazione, il che ha tenuto bassi i prezzi del greggio in quel punto di consegna. Nel corso dei prossimi anni la situazione dovrebbe essere risolta in diversi modi: alcuni oleodotti che portavano il greggio dal Golfo del Messico verso Cushing cambieranno direzione, permettendo al greggio canadese e a quello proveniente dagli scisti USA di trovare sbocco sul mercato mondiale. Inoltre, dovrebbero essere sviluppati oleodotti da Edmonton in Canada (il centro della produzione canadese) verso la costa occidentale (Kitimat). In ogni caso, ci si aspetta una risoluzione della situazione nel momento in cui la produzione di Imperial aumenterà con lo sviluppo dei suoi nuovi giacimenti.

Un riassunto dei dati fondamentali più importanti

Di seguito, proponiamo alcuni dati fondamentali che evidenziano la stabilità delle società nel lungo termine. Si applicano delle regole basate sui metodi di Graham e Dodd per assicurarsi la capacità delle società di produrre risultati economici nel lungo termine. Per le tre società, oltre ai risultati più recenti, abbiamo anche preso in considerazione gli ultimi 9 anni di risultati per effettuare i calcoli riportati. Un breve glossario dei termini è riportato in fondo a questa analisi per aiutare a comprendere i dati.

Fonte: Elaborazione Mazziero Research - Cliccare per ingrandire

 

Fonte: Elaborazione Mazziero Research - Cliccare per ingrandire

 

Bibliografia

International Energy Agency: World Energy Outlook 2011, Executive Summary (italiano).

BP Statistical Review of World Energy (June 2011)

CAPP (Canadian Association of Petroleum Producers): Crude Oil – Forecast, Markets & Pipelines (June 2011)

 

Glossario

P/E (Price/Earnings): Il rapporto tra prezzo è utili della società. Il calcolo è effettuato dividendo il prezzo delle azioni per gli utili per azione. Un valore inferiore a 10 può indicare un buon valore. Un valore superiore a 16 indica una possibile sopravalutazione.

Earnings Yield: L’inverso del rapporto prezzo/utili. Il calcolo è effettuato dividendo gli utili per azione per il prezzo per azione.

Dividend Yield: Il rendimento dal dividendo (dividendo per azione/prezzo per azione)

FCF (Free Cash Flow) Yield: Il free cash flow è il flusso di cassa generato dalla società dopo aver sottratto la spesa per investimenti in impianti produttivi. È un’indicazione della capacità della società di pagare dividendi ai suoi azionisti. Il FCF Yield è il rendimento dal FCF (FCF/capitalizzazione di borsa).

Solidity Indicators: Indicatori di solidità patrimoniale nonché di stabilità dei risultati delle società.

Interest Cover: La “copertura” della spesa per interessi passivi. Calcolato dividendo il risultato operativo della società per la spesa per interessi passivi. È un’indicazione della capacità della società di fare fronte ai propri debiti.

Years of Losses in last 9: Il numero di anni in perdita negli ultimi 9.

Years of negative FCF in last 9: Il numero di anni in cui la società non è stata capace di generare FCF (cioè, ha investito in nuovi impianti più di quanto generato dai flussi di cassa operativi).

 

Disclosure

L’autore detiene per se o per i suoi familiari i seguenti titoli menzionati:

Total

Statoil

Imperial Oil (non ancora acquistato, ma ciò avverrà nelle prossime settimane)


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Andrew Lawford
andrew@mazzieroresearch.com
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