È questo il momento per una “politica di crescita”?

È questo il momento per una “politica di crescita”?

Questo articolo è stato pubblicato insieme all’Osservatorio sul Debito Pubblico italiano per il 1° trimestre 2013.

Definizione di “austerità“: Il complesso delle limitazioni imposte dal governo alle spese e ai consumi pubblici e privati per riassestare l’economia di un paese.

Totale spese pubbliche 2011 (miliardi): 501,962

Totale spese pubbliche 2012 (miliardi): 510,089

Il 2012 è stato l’anno della “cura Monti” per l’economia italiana; un anno in cui molte riforme necessarie sono state effettuate e l’austerità è stata l’ordine del giorno. Questa, alla fine, è l’impressione che tutti hanno del governo tecnico appena uscito. Peccato che, a giudicare dai dati riportati nell’ultimo Osservatorio sul Debito Pubblico, non c’è stata traccia dell’austerità negli ultimi anni. Basti pensare che il debito pubblico nel 2012 è aumentato di 81,6 miliardi di euro, mentre nel 2011 era aumentato di “appena” 55,5 miliardi. A quanto sembra, l’ultimo Governo Berlusconi è stato più rigoroso con i conti pubblici rispetto al governo tecnico che aveva il compito di “raddrizzare la barca”.

Già in altre occasioni (si veda il commento nell’Osservatorio del 1° trimestre 2012 sulla riforma delle pensioni) si è evidenziata la natura vuota e iniqua di alcune riforme del governo tecnico. In generale, non si è visto neanche l’inizio della forte riduzione del ruolo dello Stato nell’economia italiana che rappresenterebbe la chiave di un’eventuale ripresa che possa durare nel tempo. Il dibattito politico è ruotato intorno alle soluzioni più opportune per aumentare le entrate, come ad esempio l’IMU (ma non si poteva semplicemente riciclare l’ICI?), l’aumento dell’IVA e l’impegno per ridurre l’evasione fiscale. Nel contesto dell’evasione, nessuno si è domandato se le pretese tributarie, nonché la burocrazia del fisco, incentivino od ostacolino un rapporto sano tra contribuente e Stato. È l’opinione di chi scrive che una normativa fiscale chiara e semplice, insieme a un’Agenzia delle Entrate snella e corretta, siano le basi necessarie prima di pretendere correttezza ai contribuenti.

Nonostante uno scenario di fondo che peggio non potrebbe essere, bisogna riconoscere che il mercato attualmente dà fiducia all’Italia, o meglio, alla zona Euro, come evidenziano i rendimenti sui BTP decennali (attualmente poco sopra il 4%). Diversi fattori hanno contribuito a questo miglioramento, ma quello più importante è l’impressione che la BCE farà qualsiasi cosa per preservare la moneta unica. Draghi ha dichiarato nel corso del 2012: “Entro i limiti del nostro mandato, la BCE è pronta a fare quello che deve fare per salvaguardare l’euro. E credetemi, sarà sufficiente.” Sicuramente non si tratta di mezzi termini, anche se viene da domandarsi quali sarebbero i limiti del mandato della BCE, se Draghi sa già che può fare tutto quello che serve. La nascita, dopo poco tempo da questa dichiarazione, del programma OMT (outright monetary transactions), ha ridato fiducia alla zona euro e ha spinto molti investitori “affamati di rendimento” a comprare i titoli di stato di nazioni come l’Italia.

L’arrivo del Governo Letta dopo mesi di miglioramento dei corsi dei titoli di Stato ha permesso lo sbocciare del movimento anti-austerità. Letta non ha perso tempo per evidenziare la necessità (politica) di: “Un forte impegno in Europa per cambiare quelle politiche troppo attente all’austerità che non sono più sufficienti”. Nella confusione che caratterizzano i primi giorni di questo nuovo governo, si può dire soltanto che l’impegno sembra quello di abbassare le imposte nel momento in cui si spenderà di più. Dovrebbe essere ovvio guardando i dati delle entrate e uscite statali nel 2012 che questa nuova politica porta in una sola direzione: all’aumento del debito pubblico. Inoltre, è inutile parlare dell’insufficienza delle politiche di austerità, dato che non ce ne sono mai state!

È estremamente curioso che, durante il mutamento della politica europea da “austerità” a “crescita”, è stato attaccato lo studio di Reinhart e Rogoff, a causa di alcuni errori statistici. Questo studio aveva evidenziato l’importante ruolo giocato dal debito pubblico nel limitare la crescita delle economie, nonché il fatto che, oltre certi limiti, il debito pubblico non è più sostenibile. Alla fine, gli errori statistici non si sono rivelati particolarmente dannosi alle conclusioni più importanti dello studio, ma forse il punto era di screditare l’ortodossia accademica pro-austerità. Bisognava sgombrare la strada per far posto a soluzioni più accettabili a livello politico, anche se, a lungo andare, queste potrebbero rivelarsi molto più dannose.

 

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Andrew Lawford
andrew@mazzieroresearch.com
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