Bernanke e l’uscita dal QE

Bernanke e l’uscita dal QE

L’ultimo periodo è stato dominato da un dibattito intenso sulle intenzioni della Fed in merito al Quantitative Easing. Dopo la conclusione dei programmi QE1 e 2 si è passati al “QE∞”, ovvero l’acquisto di titoli di stato USA senza alcun limite prefissato, ed ora si inizia a parlare della “strategia d’uscita” che verrà adottata. La “condicio sine qua non” per la riduzione dell’attività di QE era stata identificata nella riduzione del tasso di disoccupazione, ovvero un miglioramento economico degli USA.
A giudicare dai recenti commenti di Bernanke, le attese della Fed sono per un sostanziale miglioramento nella successiva parte dell’anno, che consentirà una graduale riduzione del programma di acquisti dei titoli di stato.

Forse ci si dovrebbe stupire che i mercati possano reagire in una maniera così fortetemente negativa al parere di Bernanke riguardo a un miglioramento economico negli Stati Uniti. In fine dei conti, non si tratta di una buona notizia?

Per capire il motivo del grande ribasso di questi giorni bisogna considerare l’andamento dei mercati negli ultimi 6 mesi (esclusa l’ultima settimana), ovvero il periodo in cui il “QE∞” è stato attuato: un rally con i fiocchi, che ha portato l’S&P 500 a un incremento del 16% circa, sino a segnare dei nuovi massimi storici. Quindi, se il mercato risponde al QE con un forte rialzo, deve per forza essere un avvenimento negativo quando si inizia a parlare della fine del QE. Gli investitori si tradiscono il loro vero atteggiamento verso l’investimento: istintivamente si sa che il mercato è stato “drogato” dal QE e, siccome la borsa sconta anticipatamente gli sviluppi macroeconomici, le attese sono per una ripresa economica anemica.

Se si accetta l’ipotesi che l’economia non crescerà in linea con le attese della Fed, la domanda sorge spontanea: quale sarà la risposta ufficiale?
Ce ne può essere solo una: una ripresa del QE∞. Forse questa volta lo si chiamerà QE∞2, dato che ai mercati piace avere un nome simpatico per ogni cosa. Questa ipotesi è sempre più probabile se il prossimo governatore della Fed sarà Janet Yellen, come molti osservatori prevedono. Yellen, a quanto pare, fa sembrare Bernanke un vecchio conservatore.

A maggior sostegno di questa possibilità è l’andamento dell’inflazione, che continua a tenersi moderata, nonostante il parere di molti osservatori (compresi quelli della Mazziero Research) che la conseguenza del QE, nel medio-lungo termine, sarà un aumento incontrollabile dell’inflazione. Le attese per l’inflazione nel lungo termine, come implicite nel punto di pareggio dei TIPS decennali (i titoli di stato USA indicizzati all’inflazione) rimane a livelli molto contenuti (circa il 2%). Il rischio rimane, tuttavia, che si “accenda” una spirale inflazionistica, creando una situazione di stagflazione (crescita economica anemica insieme all’inflazione).

In questo contesto, come si dovrebbero comportare gli investitori? La Mazziero Research continua a puntare l’attenzione su quegli investimenti che proteggeranno dagli effetti dell’inflazione, dato che resta da vedere se nei prossimi 10 anni questa rimarrà ai livelli contenuti di oggi. In più, molte categorie d’investimento che dovrebbero godere di una correlazione positiva con l’inflazione quotano in questo momento a prezzi stracciati, oltre ad offrire dei dividendi interessanti (un fatto da non trascurare in un mondo di tassi d’interesse pari a zero).
Ci riferiamo, ad esempio, ad alcuni temi, come i metalli preziosi e l’energia, che abbiamo affrontato in passato. Altrettanto importanti, però, sono le società industriali che quotano a multipli (parametri di valutazione, ndr) estremamente contenuti rispetto al passato.
Utilizzare i ribassi di mercato per costruirsi un portafoglio di qualità è il miglior modo per garantirsi rendimenti reali interessanti nei prossimi anni.

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Andrew Lawford
andrew@mazzieroresearch.com
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